di Ajahn Mahapañño
Che tutti gli esseri possano essere felici…
Che tutti gli esseri possano essere liberi dalla sofferenza…
Che tutti gli esseri possano prendere parte alla gioia…
Tutti gli esseri, quando agiscono intenzionalmente, sono responsabili delle proprie azioni e ne ereditano le conseguenze. Il loro futuro nasce da queste azioni, compagno di queste azioni, e le conseguenze saranno la loro dimora.
Tutte le azioni intenzionali, siano esse abili o dannose, di questi atti ne saranno gli eredi.
Con queste frasi, le prime tre espressione di un augurio e la quarta di una presa di coscienza, si può provare a riassumere la pratica del cuore connessa alle Dimore Divine (Brahmavihāra).
Gli esercizi che vi proponiamo sono dei piccoli espedienti che prendono in considerazione solamente alcuni aspetti delle Dimore Divine, nel tentativo di renderci più familiari queste qualità del cuore che nel tempo e con continuità dovranno essere sviluppate fino a renderle illimitate.
Esercizio 1: Mettā – benevolenza o gentilezza amorevole
Esercizio 2: Karunā – compassione
Esercizio 3: Muditā – gioia compartecipe o empatica
Esercizio 4: Upekkhā – equanimità
Esercizio 1: Mettā – benevolenza o gentilezza amorevole
Disegniamo un cerchio concentrico con un anello su un foglio A4. Il cerchio centrale sarà per la benevolenza, l’anello di mezzo per l’indifferenza e l’area esterna per l’avversione.
Scriviamo ora in questi spazi, senza censura e in accordo con questa suddivisione, i nomi delle persone che rispettivamente amiamo, ci stanno indifferenti, non ci piacciono. Nel corso della settimana possiamo aggiungere altri nomi o modificare quanto scritto, impegniamoci però, dopo aver riconosciuto onestamente i nostri sentimenti verso queste persone a trasportare più nomi possibili all’interno del cerchio. Notiamo il differente stato mentale e la sua condizione di agio a seconda della zona in cui si sta muovendo la nostra “penna”, il nostro cuore. Notiamo anche come nello spostare la penna si sposti quel nome che potremmo chiamare “IO”. Vogliamo bene a noi stessi? È solo un foglio A4, possiamo provare … !
Che tutti gli esseri possano essere felici.
Esercizio 2: Karunā – compassione
Capire la qualità del cuore della compassione significa conoscere la Prima Nobile Verità, quella dell’esistenza della sofferenza e non esserne trascinati via o semplicemente volerla negare. Se non abbiamo imparato ad accogliere la sofferenza la compassione sarà solo un disagio verso di essa, un’esclamazione di “POVERINO” rivolta a qualche essere vivente. Prendiamo nota di quando la mente in presenza di alcune situazioni si ripara in un “poverino” e chiediamoci se siamo in grado di vivere una simile situazione senza che il cuore perda il suo rifugio spirituale. SI? NO? FORSE?
Nel corso della settimana valutiamo queste tre possibili alternative sulla base delle situazioni che si presentano, senza sentirci obbligati verso il sentimentalismo né un distacco fittizio da “duri”. Osserviamo la sofferenza e diveniamo consapevoli di dove siamo rispetto ad essa.
Che tutti gli esseri possano essere liberi dalla sofferenza.
Esercizio 3: Muditā – gioia compartecipe o empatica
Gioire della buona riuscita degli altri in ambiti di loro interesse può essere definito, con un sorriso, la via del risveglio per tutti quelli che amano prendersela comoda. Non ci sarebbe da fare nulla se non essere sinceramente contenti per il loro successo! In realtà invece può essere piuttosto difficile sviluppare questa qualità del cuore in tutti quei casi quando anche noi siamo in corsa per un simile risultato.
Per iscritto prendiamo nota, durante tutta la giornata o alla fine di essa, degli incidenti emozionali che hanno portato a far sorgere nel nostro cuore dell’invidia. Dove c’è invidia non c’è muditā, c’è un afferrare. A cosa siamo aggrappati? Non ascoltiamo le giustificazioni dei pensieri che ci confermano la nostra invidia. Notiamo il nostro attaccamento. Perché pensiamo che ottenere quel successo o quella cosa possa farci veramente felici? Quali sono i vantaggi che ne otterremo non solo nel breve, ma anche nel lungo periodo? Ma soprattutto siamo in grado di vederne anche i limiti, gli svantaggi?
Presumibilmente alcuni avranno intuito che fra i vantaggi e gli svantaggi/limiti, c’è anche una via di mezzo, e questa può diventare sempre più evidente man mano che si conoscono gli estremi. Per il momento prendiamo un foglio e diveniamo consapevoli della modesta idea di felicità da cui siamo condizionati.
Che tutti gli esseri possano prendere parte alla vera gioia…
Esercizio 4: Upekkhā – equanimità
Coltivare l’equanimità implica divenire consapevoli che ognuno di noi si deve assumere la responsabilità delle proprie scelte e che sulla base di queste daremo forma alla nostra vita e al modo in cui la viviamo.
Ogni mattina, uscendo di casa per cominciare la giornata, chiudendo il portone, nel girare la chiave, ripetiamo a noi stessi: “Mi assumo la responsabilità della mia vita e permetto agli altri di fare lo stesso. Buona giornata!”.
Nel rincasare, mentre giriamo la chiave nel portone, riaffermiamo tale assunzione di responsabilità e magari sarà stata una giornata migliore.
Che tutti gli esseri siano consapevoli di essere eredi delle proprie azioni intenzionali.