Con il mantra si utilizza a nostro favore la tendenza della mente a “parlare”, raccogliendola in un’unica frase o parola che sostenga la pratica spirituale.
Nel Theravada della Foresta il mantra tradizionale è Buddho. Non viene cantato né pronunciato, ma ripetuto mentalmente associando “bud” all’inspirazione e “dho” all’espirazione. Buddho significa “colui che sa”, non è un esercizio meccanico, ma il richiamo ad una mente risvegliata. Non stupitevi se chiedendo ad un monaco “come e quanto” praticare questa tecnica, vi rispondesse “sempre nella mente”, indicandovi il cuore.
(Per approfondimenti sul mantra Buddho consigliamo un brano di Ajahn Sumedho)
Chi volesse praticare con una più consueta impostazione, ovvero recitare il mantra con la voce, potrebbe trovare di sostegno i seguenti mantra cantati; uno con caratteristiche più “maschili” e l’altro più “femminili” utilizzabili a seconda del proprio presente stato mentale.
1) SAKYAMUNI
Muni significa saggio, talvolta tradotto anche come silenzioso. Sakya è il clan di origine di Siddhartha, che dopo il risveglio prenderà il titolo di Buddha – Buddha Sakyamuni – distinguendolo così da quelli passati e quelli futuri.
2) Namo tassa bhagavato arahato sammasambuddhassa
Ovvero “Omaggio al Beato al nobile perfettamente risvegliato”, un atto tradizionale di riconoscenza verso il Buddha, che in genere viene ripetuto per tre volte, ad esempio prima di incominciare una seduta di meditazione.