Nella storia di molti praticanti vi è in comune un momento nel quale sorge la necessità di condividere l’esperienza della pratica, nella speranza che da esso possa trarne giovamento e sostegno. Constata l’assenza di un gruppo di pratica in una distanza ragionevole, a molti di noi è venuto in mente di registrarsi tra “coloro che vogliono costituire un gruppo” nella pagina “comunità” del sito del Monastero Santacittarama. Si incontra la prima persona, magari al bar davanti a un bel tè fumante, si fissa un giorno settimanale e poi un luogo dove incontrarsi e così si inizia!
La mia esperienza con il gruppo di pratica pescarese iniziò così.
L’ostacolo più grande da un punto di vista logistico è il luogo dove incontrarsi. La soluzione più immediata è offerta da un’abitazione privata.
Il secondo problema che sorge è “cosa si fa?”.
Nel mio caso, ma credo sia quello più frequente, la maggior parte delle persone ha nessuna o poca esperienza per quanto concerne l’Insegnamento del Buddha e della sua pratica formale.
La cosa puo’spiazzare o cogliere impreparati, perchè chi decide di costituire un gruppo, può aver intrapreso tale iniziativa, pensando di vivere un’esperienza alla “pari” e può non sentirsi a suo agio doversi trovare nella posizione del “maestro”, senza aver avuto un training in tal senso.
Di fronte a tale evenienza, consiglio di risolvere subito qualunque equivoco specificando quelle che sono le vostre intenzioni: che per quanto sia nelle vostre possibilità, in sincerità e onestà, condividerete con questa persona la vostra esperienza di pratica, così come è maturata in voi sino a quel momento, con l’auspicio di proseguire oltre insieme, con l’aiuto dei monaci del Santacittarama.
Per cui, risolto questo primo, ma credo importante problema di approccio inter-personale, si procede su vari fronti.
Il primo: introduzione alla pratica formale.
In maniera graduale si introduce alla pratica formale, affrontando i problemi che concernono la postura, e si introduce alla pratica con delle meditazioni guidate. Ad ogni incontro si possono variare e introdurre progressivamente pratiche diverse. Chi modera gli incontri in genere fa appello alla propria personale esperienza. Utili sono i testi del santacittarama che possono essere distribuiti e scaricati dal sito, nonchè un file audio.
Il secondo: approfondire la pratica con insegnamenti.
In maniera graduale si fornisce un quadro di senso nel quale la pratica formale si inserisce e acquisisce valore e diviene un’esperienza più ampia che coinvolge aspetti che vanno oltre la pratica formale stessa.
All’interno di un gruppo puo’essere molto utile condividere delle letture, come i testi del Santacittarama.
Il terzo: incentivare la pratica individuale.
Spesso per i principianti è difficile procedere autonomamente nella pratica, di qui la necessità di avere dei periodi più o meno lunghi di pratica formale non guidata.
All’inizio puo’essere difficile procedere su questi tre punti in un unico incontro settimanale.
Tutto va calibrato in base alle possibilità del momento.
Potrebbe sorgere il problema del “come si fa?”.
Personalmente mi sono affidato ad una tradizione vivente da qualche millennio.
Per cui la situazione standard prevede che durante la pratica formale, si sia seduti in meditazione secondo le modalità tradizionali, in presenza di una statua del Buddha, e che la seduta sia preceduta da un Puja con accensione di candele, incenso e offerte di acqua e fiori, con relativi canti e inchini di omaggio ai Tre Gioielli.
Il ricorso alla tradizione e alle sue forme, hanno senso solo se nel gruppo si condivide l’importanza di certi gesti, oltre che come forme esteriori di devozione anche come mezzi abili a preparare la mente al silenzio. All’interno di un gruppo non credo tuttavia sia così importante che tutti aderiscano nella stessa forma, perchè l’enfasi è da porsi sul silenzio comune. E’altrettanto vero però che se un gruppo di persone s’incontra per praticare gli insegnamenti del Buddha, sarebbe poco sensato non farvi riferimento in nessuna forma non occasionale, per retrosie e timidezze culturali o religiose. I gesti sono importanti, e che la forma abbia un valore ai fini della sostanza ci si accorge sopratutto vivendo la pratica. La forma e la tradizione rievocano e praparano lo sviluppo e la ricezione della sostanza. Fintantochè esse hanno questa capacità possono essere coltivate.
E’importante secondo la mia esperienza che il gruppo sia di sostegno olte che per la pratica formale, organizzando giornate, ritiri e corsi vari, lo sia anche per la pratica nel quotidiano, dando l’occasione ai suoi amici di prendere degli impegni con sè stessi e con gli altri, che rafforzano e motivano la pratica una volta terminata la seduta comune: Prendere i Tre rifugi e impegnarsi nella pratica dei Cinque Precetti Morali di fronte l’immagine del Buddha. È un mezzo abile che la tradizione ci consegna e che l’esperienza pratica conferma.
Il gruppo di pratica di Pescara nell’agosto del 2010 si è formalmente costituita come persona giuridica in Associazione Buddhista Abruzzese Buddhadharma.it. Un passo resosi necessario al fine di poter realizzare alcune iniziative aventi valore culturale, come convegni e seminari, nonchè ritiri che richiedevano un’organizzazione più complesse degli incontri settimanali. Tutto questo si è accompagnato alla maturazione di un’identità come “ente di promozione culturale” legata all’esperienza della pratica buddhista che rimaneva il vero cuore e motore del gruppo. L’attivismo culturale infatti è pensato in quanto funzionale in primis alla crescita delle esperienze di pratica di ciascun praticante.
Il gruppo di Pescara si incontra tutte le settimane per un paio d’ore, alternando un incontro per pricipianti, di introduzione alla pratica formale a un incontro di pratica formale comune, in coincidenza con la settimana di luna nuova o piena. Nella serata di pratica formale i partecipanti, spesso “seniores”, condividono le proprie esperienze e riflessioni sulla pratica. In questa settimana si aggiunge un secondo appuntamento di “studio” in cui si affrontano insegnamenti del Buddha concernenti la pratica.
Spesso condividiamo una giornata di pratica formale, compreso il pranzo. Per il momento non ancora siamo riusciti a regolarizzarne la frequenza, che riterrei ideale ad una volta al mese.
Ad ogni tappa importante della vita del gruppo è stato importante che esso stesso si sia ricordato le ragioni per le quali esiste: condividere la pratica!